Osvaldo Zanetti non era un ammirato campione sportivo, ma un giovane dell’oratorio stimato da tutti. Era sereno, gioviale, indaffarato, intento soprattutto a distribuire giochi ai ragazzi e a vigilare su di loro. Perché lui non amava i compiti onorifici, li lasciava volentieri ad altri, per prendersi invece quelli che richiedevano presenza continua e sacrificio, ben consapevole che la collaborazione in oratorio non doveva essere ricerca di sé stessi e della propria soddisfazione, ma servizio: servizio nei confronti dei ragazzi e servizio a Dio, per amore del quale si dedicava a loro. Era in chiesa, tutte le mattine, per la Messa e la meditazione; e di buon ora,perché doveva darsi da fare per portare a casa qualcosa. Anzi questo gli sarebbe potuto servire come buon pretesto per accontentarsi, come altri della Messa festiva. Ma, come era convinto che per riuscire a servire Dio nei suoi ragazzi occorreva coltivare l’unione con Lui per avere da Lui la forza necessaria, così era convinto che il primo servizio a Dio era la lode a Lui. Era consapevole della gravità del suo male e tanto ansioso di guarire, ma era anche pienamente disposto al volere di Dio. Arrancava sulla salita di Ballabio, in bicicletta, dopo una settimana di lavoro, col bello o brutto tempo, nonostante la sua salute cagionevole, verso la Valsassina; dove negli ultimi anni si portava quasi ogni domenica come propagandista di Azione Cattolica, e dove praticamente la sua esistenza si spense: la ricaduta che lo portò alla morte avvenne proprio all‘indomani di una di quelle faticose visite.